Dall'oro di Roma al "Rumble in the Jungle", la carriera del più grande pugile di tutti i tempi.

È stato il più grande di tutti. Sul ring fu una leggenda, nella vita fu molto di più. Nato Cassius Marcellus Clay Jr. il 17 gennaio del 1942 a Louisville nel Kentucky, Muhammad Ali ha lottato fino all'ultimo e nessuno può dimenticare l'emozione della cerimonia di apertura di Atlanta 1996 quando, ultimo tedoforo, "The Greatest" accese il braciere olimpico. Fu in quella occasione che gli venne riconsegnata la medaglia d'oro, vinta a Roma nel 1960 e che aveva gettato nelle acque del fiume Ohio per protesta dopo un episodio di razzismo. Il 3 giugno 2016 ad andarsene non fu solo una leggenda dello sport. Muhammad Ali è stato un'icona, un combattente per il rispetto dell'identità dei neri, il simbolo di un'era che ha travalicato i confini degli Stati Uniti, conquistando il mondo. Disse: "Come mi piacerebbe essere ricordato? Come un uomo che non ha mai venduto la sua gente. Ma se questo è troppo, allora come un buon pugile".

Roma Olimpiadi 1960

La sua ascesa iniziò a Roma, nei Giochi Olimpici del 1960 quando conquistò la medaglia d'oro nei mediomassimi

quattro anni dopo l'allora Clay sconfisse a sorpresa Sonny Liston conquistando ad appena 22 anni il suo primo titolo mondiale: è l'inizio della leggenda. Difese il titolo nove volte fino al 1967 quando gli fu tolto dopo essersi rifiutato di combattere in Vietnam. "Dov'è il Vietnam? In tv. Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato 'negro'". Una decisione coraggiosa pagata a caro prezzo. Sono gli anni in cui Cassius Clay si avvicina all'Islam e decide di abbandonare il "nome da schiavo". Arrogante e strafottente fuori dal ring, durante i combattimenti Muhammad Ali si trasformava: "Pungi come un'ape, vola come una farfalla" era il suo motto. Indimenticabile la sua danza tra le corde con cui schivava i colpi degli avversari e faceva dei suoi riflessi fulminei la sua principale arma. Ripresa l'attività agonistica nel 1971 Muhammad Alì tenta di riprendersi il titolo ma viene sconfitto dal rivale di sempre Joe Frazier in quello che fu chiamato "L'incontro del secolo". Riuscì nell'impresa il 30 ottobre 1974 battendo George Foreman nell'incontro passato alla storia come Rumble in the Jungle (Rissa nella giungla), un match leggendario svoltosi a Kinshasa nell'allora Zaire che vide "The Greatest", partito battuto nei pronostici, mettere al tappeto "Big George" all'ottavo round dopo aver dato una memorabile dimostrazione delle sue capacità di incassatore, messo alle corde dall'avversario nei primi furiosi round con la folla che urlava "Ali boma ye", "Ali uccidilo". L'ultimo grande incontro fu il "Thrilla in Manila" nel 1975, il terzo e ultimo contro con Frazier vinto da Ali per il ritiro dell'avversario prima della 15esima e ultima ripresa. "The Greatest" difenderà il titolo fino alla sconfitta ai punti con Leon Spinks nel febbraio del 1978, se lo riprenderà qualche mese dopo prima di appendere i guantoni al chiodo nel 1981 dopo 61 incontri e un bilancio di 56 vittorie, di cui 37 per ko, e appena 5 sconfitte. Nel 1984, a soli 42 anni, la diagnosi del morbo di Parkinson, e l'ultima battaglia combattuta per oltre un trentennio. Il giorno dopo la vittoria del primo titolo mondiale contro Sonny Liston, Cassius Clay decise di cambiare nome in Muhammad Ali per via della sua conversione all’Islam. Non solo uno degli sportivi più promettenti degli anni sessanta era di colore, sfacciato, volgare, fuori dei canoni della nobile arte del pugilato, ma anche musulmano: non il modo più facile per farsi amare da grande pubblico e stampa. Di formazione battista e cresciuto in un clima di segregazione razziale, a Muhammad Ali non interessavano i pareri esterni, anzi, col tempo la battaglia per i diritti dell’uomo e la libertà di religione divennero sempre più centrali. Aderì alla Nation of Islam e alla setta dei Black Muslims, e la sua fede non fu più separabile dalle prodezze sportive e dal personaggio.

Per esempio, nel 1967 divenne celebre un incontro per il titolo contro Ernie Terrell. Per le ultime otto, dominanti, riprese, a ogni colpo inferto Muhammad Ali ripeteva “Come mi chiamo?”. L’avversario si rifiutava infatti di appellarlo con il suo nuovo nome. Con l’addio a Cassius Clay, a Muhammad Ali lo sport cominciava a stare stretto.

Float like a butterfly sting like a bee Malcolm X photographing Cassius Clay, Miami, 1964

Malcolm X punta la telecamera su Muhammad Ali dopo aver battuto Sonny Liston per diventare il campione mondiale dei pesi massimi. Photograph: Bob Gomel/The LIFE Images Collection/Getty

Rumble in the jungle

Quando si parla di Rumble in the jungle si sente spesso dire «match del secolo». Meglio sarebbe parlare di combattimento storico, il cui significato è andato molto al di là della boxe. Una sfida, quella tra Muhammad Ali e George Foreman divenuta simbolo di un’epoca,

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curiosità sullo storico combattimento Ali VS Foreman consumata il 30 ottobre del 1974. Oggi racconteremo l’incontro in dieci tappe: curiosità, aneddoti e protagonisti del più famigerato incontro della storia del pugilato.

George Foreman era il favorito dell’incontro Nel 1974 Foreman è il nuovo campione dei pesi massimi, è considerato l’uomo nuovo, il più forte. È colui che si è agilmente sbarazzato di Joe Frazier in soli due round «trattandolo come uno yo-yo». Big George è un colosso formidabile, possiede una forza e una potenza fenomenale, e da tre anni vince sistematicamente tutti i suoi incontri per k.o..

Tutti i giornalisti davano Ali per spacciato Gli esperti non danno ad Ali molte probabilità di vittoria. È tornato sul ring da poco, è più vecchio di otto anni rispetto a Foreman e pare abbia perso la sua agilità. Pochi giorni prima del match, il giornalista Howard Cossell in televisione dichiara che secondo lui Ali non ha alcuna possibilità di battere Foreman, poiché non è più quello di dieci anni fa. Ali gli risponde per le rime dicendo: «Hai detto che io non sono più lo stesso di dieci anni fa. Be’, io ho parlato con tua moglie ieri sera e lei dice che tu non sei più lo stesso di due anni fa!». Alla fine, all’ottavo round Alì vinse l’incontro.

Mount and Wedge. Both of these terms refer to the tripod your telescope sits on. The mount is the actual tripod and the wedge is the device that lets you attach the telescope to the mount. Moms are like…buttons? Moms are like glue. Moms are like pizza crusts. Moms are the ones who make sure things happen—from birth to school lunch.

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